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[ Signora mia, cos’è mai la filosofia…]
Levi - La morte incomincia dalle scarpe: esse si sono rivelate, per la maggior parte di noi, veri arnesi di tortura, che dopo poche ore di marcia davano luogo a piaghe dolorose che fatalmente si infettavano.[1]
Credo che la mia condizione di "impressionista" si accordi con un certo arbitrio di smembrare (o disarticolare brutalmente) il corpo dei testi.
D'altronde lo studio dell’anatomia dell’orecchio o degli organi fonatori, ad esempio, ha una sua indubbia specifica utilità, ossia custodisce una qualche verità (otologica  o fonatoria) che, per quanto parziale, può tuttavia servire.
Prendo dunque un brano dell’Origine per vedere di ricavarci qualcosa alla mia portata. Scrive Heidegger
“Abitualmente il linguaggio è inteso come una specie di comunicazione. Serve alla conservazione e all’accordo, cioè, in genere, alla comprensione interumana”.[2]

Ma a cosa servirebbe mai l’accordo e la comprensione umana? Gli uomini non comunicano per aiutarsi a comprendersi tra loro, ma comunicano per aiutarsi l’un l’altro nel produrre, ossia per modificare, e semmai conservare le modificazioni… E non posso escludere che in definitiva Heidegger e/o Derida dicano proprio questo senza che io sia riuscito a comprenderlo...
Se, tuttavia, il linguaggio serve per comunicare, prima o poi si approda nella dettatura, ovvero nella teologia – e difatti la filosofia continua a riempire capitoli di storia del pensiero religioso.

Tutto ciò che fu donato all’uomo nel progetto, deve esser tratto-fuori dal suo fondamento nascosto e fatto riposare in esso.[3]

Proprio così: “un progetto donato all’uomo”!
E donato da chi?
Da  D i o, forse!?

Seppure fosse del tutto così, cioè che non si tratti di null’altro che di Teologia…

la vera natura della Filosofia, come di ogni altra attività umana, è di essere al servizio di certe persone e dei loro interessi. In apparenza i filosofi possono sembrare puri da ogni interesse temporale, possono sembrare degli arbitri che si basano su sentenze eterne, e non dei partigiani: ma neanche le maschere più impenetrabili riescono a lungo a imitare un disinteresse così disumano.[4]
Proprio nelle ultimissime pagine della mia copia del libro di Nizan, ho ritrovato una vecchia annotazione a matita: “Devo continuare a frequentarla, altrimenti il mio disprezzo potrebbe affievolirsi”. Non ricordo bene a chi mi riferissi allora (quasi sicuramente ad una donna, e temo anche di saperne il nome) ma adesso mi piace credere che il mio proposito aveva come bersaglio quello stesso del libro di Nizan, ossia la filosofia, e certi tipi di filosofi.
[1] - Levi, Se questo è un uomo, cit. p. 30. Chi è colpito (da queste piaghe dolorose ai piedi), “è costretto a camminare come se avesse una palla al piede (ecco il perché della strana andatura dell’esercito di larve che ogni sera rientra in parata);  arriva ultimo dappertutto, e dappertutto riceve botte; non può scappare se lo inseguono; i suoi piedi si gonfiano, e più si gonfiano più l’attrito con il legno e la tela delle scarpe diventa insopportabile. Allora non resta che l’ospedale: ma entrare in ospedale con la diagnosi di “dicke Füsse” (piedi gonfi) è estremamente pericoloso, perché è ben noto a tutti, ed alle SS in specie, che di questo male, qui, non si può guarire”.
[2] - Heidegger, Origine Ni68, p. 57.
[
3] - Heidegger, Origine Ni68, cit. p.59 (corsivi nostri).
[4] - Paul Nizan, I cani da guardia, ed. La Nuova Italia, Firenze 1970, p. 31.
[
5] - Oggi, 22 maggio 2009, sono stato ai funerali di Fabio Mauri. Ho chiesto tempo, ma non ce n’era già più.
[6] - Fabio Mauri,
Che cosa è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca. Concerto da tavolo. Questa performance è stata eseguita al Centro multimediale Quarto di Santa Giusta, L’Aquila 1989; ripetuta alla Galleria Carini, Firenze 1990, al Museo Pecci di Prato nel 1993 e nel 1994 nella retrospettiva di Fabio Mauri alla GNAM di Roma, a cura di Carolyn Christov Bakargiev. - I testi che accompagnano questo lavoro di Mauri sono riportati qui in Allegato.
[
7] - Ludwig Marcuse, La lotta tedesca contro l’idealismo tedesco, Amsterdam 1934 – riportato in F. Schonauer, La letteratura tedesca…, cit. p. 197.
[
8] - Heidegger, Origine Ni68, p. 61 - E’ ancora una “consegna” per la sentinella.
[
9] - Mauri, Che cosa è la filosofia, cit. - Io avrei voluto fargli sapere e parlare con lui specialmente del testo Auschwitz, ovvero il grande alibi (qui in Allegato).
[
10] - Che non è una trovata geniale, solo un deprezzato provvedimento tecnico. Al proposito della genialità e della tecnica – termini presenti nel testo di  Heidegger – leggiamo cosa ne dice il calzolaio olandese: - “…penso che nell’arte le antiquate idee del genio innato, dell’ispirazione e così via, non dico si debbano scartare del tutto, ma devono venire vagliate e valutate di nuovo – e grandemente modificate”. [Vincent a Theo, Nuenen 15 giugno 1884; n. 450-371]; - “…sono sicurissimo che il colore, il chiaroscuro, la prospettiva, il tono, ed il disegno, in breve, tutto abbia delle leggi fisse che si possono e si debbono studiare, come succede per la chimica e per l’algebra.” [van Gogh, lett. n. 465-381] (leggi i due brani estesi qui sotto, in  Materiali).
[
11] - Heidegger, Origine Ni68, p. 28. - Anche se qui H. si riferisce alla tragedia (e al mondo) dell'antica Grecia, il tono ispirato e assertivo del brano ha tutta l'aria di proclamare la validità attuale (e atemporale) del suo contenuto. D'altronde non ditemi di non essere stati avvertiti che da me non dovevate aspettarvi un procedere spassionato.
[
12] - Dal discorso di Adolf Hitler del 27 gennaio 1932 davanti al circolo industriale di Düsseldorf - in M. Domarus (ed), Hitler, Reden und Proklamation 1932-1945,  Würzburg, 1962. Vedi in Appendice.
[
13] - Anche se mi ripugna un po' avvalermi del rapporto di H. con il nazismo, credo proprio che non avrei potuto fingere di ignorarlo e sminuirlo senza tradire i fatti - non del tutto taciuti da Derrida, ma neanche da Fabio Mauri - che propone, per la prima volta, la sua performance su H. e la filosofia proprio nel 1989, ossia appena un anno dopo la pubblicazione italiana del libro di Victor Farias del 1988 su H. e il nazionalsocialismo. A tale poposito Il dabattito continua tutt'oggi, e volentieri lo lascio agli studiosi "seri" di filosofia e di storia. - Vedi in Appendice la prefazione all’edizione italiana, del 1988, del libro di Farias Heidegger e il nazismo, cit.
[14] - “Ti dico fratello, che sono un uomo buono dal punto di vista di un prete. So benissimo che, per dirla francamente, le prostitute sono donne cattive, ma sento in loro qualcosa di umano che mi impedisce di sentire il minimo scrupolo nel frequentarle; non vedo in loro nulla di poi tanto errato. Non rimpiango minimamente alcun contatto avuto con loro in passato od attuale. Se la nostra fosse una società pura e ben regolata, allora sì che sarebbero delle seduttrici; ma ora, a parer mio, spesso si possono considerare come dame di carità”. [Vincent a Theo, Hoogeven 21 settembre 1883; n. 388-326].
E d’improvviso ricordo anche un vecchio e caro amico [5], che ha intrattenuto proprio con Heidegger dei piccoli commerci. In che modo? In diverse occasioni pubbliche, tra la fine degli anni ottanta e i primi dei novanta, Fabio Mauri ha proposto la simulazione di una festa privata della mondanità colta della Germania tra le due guerre, durante la quale, mentre a tutti i convenuti veniva servita birra, wurstel e crauti, il filosofo Giacomo Marramao impersonava il filosofo Martin Heidegger.
Spiega Fabio Mauri:
Intento della performance è di far riflettere sull’esistenza, all’interno della cultura tedesca (e di conseguenza europea) di un incolmabile dislivello tra la sfera più eccelsa del pensiero e dell’espressione umana e l’abissale caduta, tuttora enigmatica, di cui quella stessa società può essere capace.[6]

Abissale caduta tuttora enigmatica?.....
Della lotta tedesca contro l'idealismo tedesco, si chiede Ludwig Marcuse già nel 1934:

E’ forse responsabile il Terzo Reich, se Heidegger, in qualità di rettore dell’Università di Friburgo, annunzia la nuova era con la frase: “la conoscenza delle cose è in partenza affidata al prepotere del destino e di fronte a esso vien meno"?[7]

Non è precisamente in tal modo che la sfera più eccelsa del pensiero occidentale “viene meno”…?
E’ forse  colpa mia se un filosofo, pur discettando di arte, trova il modo di affermare che

Qui 'storia' non significa la serie indifferente degli eventi nel tempo, per importanti che siano. La storia è il risveglio di un popolo ai suoi compiti, in quanto inserimento in ciò che gli è stato affidato ? [8]

Proprio così: “compiti affidati” ! …
E sotto dettatura di chi ? …
Di  D i o, forse?

Al termine della sua performance, Fabio Mauri, in piedi su di un tavolo verde, legge un proprio testo:

… Devo essermi perso. E dev’essere anche tardi per tornare indietro. Il resto, l’accostamento o il pareggiamento dei linguaggi, puramente segnici o fonetici, è linguistica: fa parte della sperimentazione concettuale. Di lì vengo. E’ frutto, semmai, di cattivi studi. […] Ma che voglio dimostrare con precisione in questo concerto da tavolo: che la differenza tra il Male e il Bene parla la stessa lingua? Certo, sì. “Si sapeva”, dirà qualcuno. Ecco, volevo conoscere le stesse cose che voi già sapete. Fatemene sapere altre, vi prego.[9]

Ecco; io avrei voluto appunto fargliene “sapere altre” appena fossi stato sufficientemente convinto di queste mie pagine. Ma nel maggio 2009, mentre continuavo a scriverle, Fabio Mauri ci ha lasciato improvvisamente.
E, poiché temo anch’io d’essermi perso e aver capito troppo poco a causa dei miei cattivi studi, adotto il filo d’Arianna
di un’ultima "empiria"[10]: chiedo direttamente ad Heidegger, di leggere ad alta voce, nella sala del circolo degli industriali di Dusseldorff, il brano della sua Origine, che già abbiamo incontrato.
...
Ed ecco che mentre il filosofo pronuncia le sue proprie parole, dalle pareti del circolo industriale prende a risuonare un’altra voce - si direbbe una eco ravvicinata che crea l’effetto curioso come di una traduzione simultanea:

...Allorché l’opera d’arte in parole
si diffonde nel dire del popolo,
trasforma il dire del popolo
in modo tale che ogni parola
essenziale conduce questa lotta
e porta a decidere
che cosa sia sacro
e che cosa non lo sia,
che cosa sia grande
e che cosa sia piccolo,
che cosa sia pregevole
e che cosa sia vile,
che cosa sia nobile
e che cosa sia spregevole,
che cosa sia il signore
e che cosa sia lo schiavo...
[11]
…Ma non si può capire la posizione signorile e privilegiata della razza bianca nei confronti del resto del mondo sul terreno economico se non la si mette strettamente in rapporto con una concezione padronale sul terreno politico che è stata un attributo naturale della razza bianca da parecchi secoli a questa parte e che essa ha affermato e fatto valere verso l’esterno… A prescindere dalle forme in cui questo diritto si è travestito di volta in volta verso l’esterno, in pratica è stato l’esercizio di un diritto signorile estremamente brutale...[12]

Ogni Teseo senza Arianna e senza filo che s’infila nel labirinto (sia pure auricolare) per farne la sua propria origine e dimora, non potrà evitare a lungo l’incontro, e il riposo, con Minotauro.[13]
"I filosofi finiscono sempre col lasciar intravedere gli uomini con cui bazzicano", dice Paul Nizan.
E non serve affatto tagliarsi di netto un orecchio per lanciarlo poi nell’arena contro simili cani da guardia. Meglio, semmai, farne omaggio alle dame di carità.
[14]



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MATERIALI § [ Signora mia, cos’è mai la filosofia ]§
Nota 10 - Al proposito della genialità e della tecnica (categorie trattate nel testo di  Heidegger)  leggiamo cosa ne dice il “calzolaio” olandese:
- “Come la gente non crede più nei miracoli impressionanti, ne più crede ad un Dio che capricciosamente e dispoticamente vola da una cosa all’altra, ma incomincia a sentire un maggiore rispetto, una più grande ammirazione e fede nella natura. In modo analogo, e per gli stessi motivi, penso che nell’arte le antiquate idee del genio innato, dell’ispirazione e così via, non dico si debbano scartare del tutto, ma devono venire vagliate e valutate di nuovo – e grandemente modificate. Non nego tuttavia l’esistenza del genio né che sia innato. Indubbiamente però nego che l’apporto della teoria e della scuola debba sempre, di necessità, essere inutile.” [Vincent a Theo, Nuenen 15 giugno 1884; n. 450-371]
- “La strada per arrivare a molte cose è una conoscenza completa del corpo umano, ma imparare a conoscerlo costa denaro. Inoltre, sono sicurissimo che il colore, il chiaroscuro, la prospettiva, il tono, ed il disegno, in breve, tutto abbia delle leggi fisse che si possono e si debbono studiare, come succede per la chimica e per l’algebra. Questa è tutt’altro che una concezione facile delle cose mentre chi dice: “Si deve sapere tutto per istinto”, invece se la prende molto alla leggera. Come se bastasse! Ma non basta, perché per quanto si sappia per istinto, questo non è che un motivo ancor più valido per passare dall’istinto alla ragione. E’ così che la penso.”
[Vincent a Theo, Nuenen 9 ottobre 1884; n.465-381]

UNA CORRISPONDENZA RELATIVA ALL'IMMAGINE DI QUESTA PAGINA

Il giorno 07/feb/2012, alle ore 09:22, Francesca Zattoni ha scritto:
- Come sai proseguiamo il dialogo con Vittorio Cintoli, fratello di Claudio. Chissà dove ci porterà oltre all'incontro con uno dei bozzetti di NdR... una foto inedita di crisalide dovrebbe averla, o ce l'ha di sicuro, avendo il filmato della performance, ma ritrovarla... dipenderà dai suoi tempi... Hai conosciuto Daniela Ferraria? Ha fatto parte di Arco d'Alibert di Mara Coccia, forse ne è stata anche socia... sue tracce le abbiamo trovate nel sito di Fabio Mauri, a proposito di due serate di Proiezioni al Teatro di Trastevere, nel 1976. Un abbraccio, franca.

Il giorno 15/feb/12, alle ore 17:13, Carmelo Romeo ha scritto:
- Daniela Ferraria è un ricordo troppo lontano, di almeno 35 anni, penso... Non posso dire di averla conosciuta (forse non ho conosciuto mai nessuno). Adesso ricordo che forse di una mostra di Mauri proprio all'Arco d'Alibert (credo quella fosse l'occasione - sto parlando dei primissimi anni 70) ho la foto di un suo lavoro con un mio occasionale intervento. Mauri voleva mettere 4 altoparlati sul muro e collegare sottotraccia l'audio. Io, che mi trovavo con lui mentre stava allestendo la mostra, suggerii di aggiungere, in corrispondenza delle tracce nascoste, altrettante linee di carbone, da tracciare direttamente sul muro, come se la voce viaggiasse su quel carbone... Tracciai quelle linee e le fotografai. Poi però Fabio preferì reimbiancare la parete e presentare quel lavoro così come l'aveva pensato lui, senza nessun apparente collegamento dei 4 altoparlanti con la fonte del suono. Ecco. Di quegli altoparlanti con le mie linee sotto dovrei proprio avere la foto - chissà dove! (se la trovo la scanno e te la mando). Un abbraccio, Lillo.

Il giorno 4/ott/ 2012, alle ore 11:00, Carmelo Romeo ha scritto:
- Ho trovato la foto di cui ti avevo parlato - quella relativa alla mostra di Fabio Mauri nel 1975 all'Arco D'Alibert di Mara Coccia. Probabilmente il titolo della mostra era Senza Ideologia, e questo spiegherebbe l'annotazione nel retro della foto: L'IDEOLOGIA È SOTTOTRACCIA. Come promesso, ve la mando in allegato. Un abbraccio a Silvana, e al Magnifico Ermes. Lillo.
VALIGIE
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES